Secondo un recente studio che ha analizzato oltre 50000 scansioni cerebrali, esistono cinque modelli distinti di atrofia cerebrale associati all’invecchiamento e alle malattie neurodegenerative. Inoltre lo studio, pubblicato su Nature Medicine il 15 agosto, ha riscontrato come esista una correlazione tra questi modelli di atrofia e fattori legati sia allo stile di vita, in particolare il fumo e il consumo di alcol, sia a marcatori genetici ed ematici. Questa importante scoperta può contribuire alla diagnosi precoce dei disturbi neurodegenerativi e rappresenta un grande passo avanti verso la comprensione di come il cervello cambia con l’avanzare dell’età.
Il processo di invecchiamento del cervello è associato a una serie di piccoli cambiamenti, come la riduzione o la modifica di particolari regioni all’interno dello stesso. Tuttavia, queste tante e piccole alterazioni, viste nell’insieme, non sempre sono immediatamente percepite all’occhio di un essere umano, anche del più esperto, come correlate alle diverse patologie. Per poter superare questo limite, i ricercatori, guidati da Christos Davatzikos, corresponding author dello studio, dell’Artificial Intelligence in Biomedical Imaging Laboratory (AIBIL) presso l’Università della Pennsylvania, hanno utilizzato un algoritmo di apprendimento automatico profondo, noto come Surreal-GAN, e addestrato su oltre 10000 scansioni cerebrali.
I ricercatori hanno poi utilizzato questo stesso modello per analizzare circa 50000 scansioni MRI di individui che hanno partecipato a progetti di ricerca sugli effetti dell’invecchiamento sulla salute del cervello. L’algoritmo è riuscito nello scopo di identificare cinque modelli distinti di atrofia cerebrale. In particolare tre di questi sono stati chiaramente associati alla demenza e al decadimento cognitivo lieve. Altri modelli invece sono stati associati al morbo di Alzheimer e al morbo di Parkinson. Inoltre, questi modelli sono in grado di prevedere la possibilità che il cervello continui a deteriorarsi negli anni a seguire.
Nonostante questi risultati significativi, gli autori dello studio sottolineano che c’è ancora molto lavoro da fare. Nel prossimo futuro proveranno a testare l’algoritmo su una serie di dati più ampia che contengano individui affetti da diverse malattie neurologiche e appartenenti a diversi gruppi etnici. Tuttavia, questa scoperta rappresenta un significativo passo avanti nella conoscenza dei cambiamenti che avvengono nel cervello a seguito di malattie neurodegenerative e del processo di invecchiamento, avendo già in questa fase il potenziale di offrire nuove opportunità per l’identificazione e il trattamento precoce di differenti disturbi.
Riferimenti
Yang, Zhijian, Junhao Wen, Guray Erus, Sindhuja T. Govindarajan, Randa Melhem, Elizabeth Mamourian, Yuhan Cui et al. “Brain aging patterns in a large and diverse cohort of 49,482 individuals.” Nature Medicine (2024): 1-12. DOI: 10.1038/s41591-024-03144-x